martedì 8 marzo 2016

ALLA CASA DELLE DONNE DI JESI VOLANTINI DI PROSELITISMO ISLAMICO, APOLOGIA DELLA POLIGAMIA E INGANNEVOLE PROPAGANDA SUI “DIRITTI” DELLE DONNE NELL’ISLAM

La LEDA denuncia la presenza all’interno della Casa delle Donne di Jesi (dove si trova anche la sede dell'UDI) di un volantino di proselitismo islamico, infarcito di citazioni ed esaltazione del Corano, di Maometto, di Allah e dell’Islam come la religione più pacifica e rispettosa dei diritti umani (sic!), con tanto di apologia della poligamia e soprattutto di una sfrontata e ingannevole propaganda sui “diritti” delle donne nell’Islam, che ha il solo scopo di nascondere la sottomissione e la violenza fisica a cui invece sono sistematicamente sottoposte le donne, con tanto di legittimazione coranica ("Ammonite quelle di cui temete l'insubordinazione, lasciatele sole nei loro letti, battetele", Corano 4:34).

In questo modo, per un malinteso e perverso concetto di multiculturalismo, si espongono le donne che si recano in questa struttura al grave pericolo di affidarsi un giorno a qualcuno che potrebbe diventare il proprio aguzzino.

Il volantino faceva belle mostra di sé all'ingresso, sopra un tavolino insieme ad altro materiale di "informazione" sulle problematiche delle donne, a disposizione di tutti. Il fatto ancora più grave è che in questa struttura si trova anche la sede dell'UDI (Unione Donne in Italia).

Ci risulta che il lavoro viene svolto da volontari, ma ci chiediamo da chi sia gestita veramente questa struttura e con quale garanzie, vista l’assoluta mancanza di trasparenza: è impossibile trovare nel sito ufficiale e nella pagina Facebook il nome di una responsabile o referente dell’associazione e all’esterno della sede non viene indicato un orario di apertura al pubblico. Oltretutto questo Centro probabilmente usufruisce gratuitamente dei locali di proprietà del comune e presumiamo anche di fondi per coprire le spese vive (soldi di noi cittadini), ma in ogni caso riteniamo inammissibile, oltre che contrario alla propria funzione, la presenza di materiale di proselitismo religioso di qualsiasi tipo e tanto più materiale di propaganda ingannevole che vuole occultare quella realtà di violenza contro la quale “La Casa delle donne” (e l'UDI) sostiene di combattere.

Qui i le immagini del volantino, alcune pagine del sito e un video con la "corretta" applicazione dei versetti coranici:

LEDA - LEga per la Depenalizzazione dell’Aborto

mercoledì 10 febbraio 2016

LE DAME DI SAN VINCENZO DELLA 194

Un iscritto alla nostra associazione ha voluto partecipare a titolo personale, il 28 febbraio, all’incontro di un gruppo di donne del vecchio coordinamento sulla legge 194, per valutare se era possibile una qualche forma di collaborazione sulla problematica del diritto all’aborto, visto che stavamo preparando da alcune settimane un nostro dossier sull’impraticabilità dell’IVG all’ospedale di Jesi.

Nei giorni seguenti, come già programmato, abbiamo reso noto il documento sul nostro sito e il relativo comunicato stampa, pubblicato da alcuni giornali locali. Quando il nostro iscritto si è recato al secondo incontro del 5 febbraio, che doveva servire per preparare il comunicato stampa comune del giorno dopo e ha riferito che era un membro della LEDA, il clima è subito cambiato ed è iniziata una sistematica avversione verso qualsiasi proposta e informazione che veniva fornita dal nostro iscritto. 

Alla fine dell’incontro poi, il nostro aderente è stato sottoposto, da una loro emissaria, ad una specie di interrogatorio dal tono inquisitorio e poliziesco, finalizzato a sapere di quale associazioni era membro, perché non aveva collaborato con loro negli anni precedenti, perché aveva pubblicato un comunicato stampa senza averle informate (sic!) e via sproloquiando.

L’impressione è stata quella di una specie di “club esclusivo” in cui le redini del gruppo sono in mano a una sola persona, più un cerchio di altre 3-4 che la supportano e fanno quadrato intorno ad essa: il resto conta assai poco, serve solo per fare mucchio e chi non si adegua viene estromesso. 

La nostra associazione (un gruppo che si occupa anche di altre tematiche) ha lavorato sempre con un approccio razionale e in autonomia, rifiutando i riti stantii e gli schemi borghesi di certe congreghe pseudoprogressiste che da 30 anni a Jesi monopolizzano cultura e politica e impediscono di percorrere strade diverse. Il nostro torto è quello di non aver mai aderito a “collettivi” o impresentabili ammucchiate: anche in questa occasione siamo stati subito individuati come un pericoloso concorrente che spezza la loro egemonia, una minaccia al monopolio e al controllo assoluto che questi “club riservati” vorrebbe avere su ogni tema, compreso quello dell’aborto.

Nonostante il rammarico per quanto successo, il giorno dopo il nostro socio si è recato al Palazzo dei Convegni subito dopo la conferenza stampa, come segno di buona volontà e di collaborazione. Era presente un gruppetto di 6-7 donne e quasi tutte hanno iniziato ad aggredire verbalmente, denigrare e deridere il nostro iscritto, con ogni tipo di commento sprezzante e svilente (una in particolare alzando la voce in maniera minacciosa): per circa venti minuti sembrava di essere piombati sul set di un film tipo “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”, ma forse visto il livello e le modalità dialettiche, assomigliava più a una commedia all’italiana di serie B…

Sentire frasi come “ci comportiamo così perché siamo streghe”, pronunciata dalla “leader” con ghigno inquietante, è stato illuminante: pensavamo che fosse un repertorio archeologico morto e sepolto, invece abbiamo constatato che questa citazione sarcastica dal gusto retrò (che ci ha ripiombato indietro di 40 anni) è ancora in voga… Di sicuro non è da annoverare tra gli “scherzetti”, visto che la festa di halloween è passata da un pezzo…

La prima cosa che ci preme sottolineare è il buon grado di “emancipazione” di queste donne, tanto che hanno già iniziato a imitare alla perfezione quei comportamenti da “branco” che dicono di  denunciare e combattere da decenni e che ritengono una peculiarità dell’uomo.

In realtà persone di questo tipo hanno una caratterizzazione piuttosto definita: si tratta di nostalgici residuati di vetero femminismo inacidito, che gravitano nell’area politica pseudoprogressista di partiti marci e criminogeni come il PD (al governo con quelle destre che farebbero tabula rasa di molti “diritti” conquistati dalle donne), SEL, frattaglie di ex partitini pseudocomunisti, sedicenti gruppi libertari, sindacati parassitari e consociativi come la Cgil, associazioni fantasma di ogni tipo, gruppi culturali zombie, associazioni di sole donne, alcune con una profonda avversione per il genere maschile, che denotano problematiche psicologiche irrisolte, una sorta di sindrome da risarcimento.

Quanto avvenuto non  ci ha sorpreso più di tanto, perché sono fenomeni che si vanno manifestando e consolidando da diversi anni. D'altronde è inevitabile che se per oltre mezzo secolo si insiste in maniera maniacale e univoca sui diritti delle donne - sul fatto che sono degli esseri speciali (molte donne ormai sostengono apertamente di essere superiori agli uomini), che hanno diritto a qualsiasi facilitazione, concessione, privilegio e quote rosa come risarcimento per i torti passati, che sono migliori degli uomini, che con loro tutto diventa più bello, più puro e giusto - si creano dei mostri dall’ego smisurato che non vedono più i loro limiti e che in un completo delirio di onnipotenza credono di poter dire e fare qualsiasi cosa, tanto sanno che chiunque osi esprimere delle critiche potrà essere bollato come maschilista, reazionario o persino stupratore potenziale, come già successo.

Si tratta di una impostazione ideologica retrograda e interclassista, nel senso che ha sostituito alla lotta di classe contro il comune “nemico” capitalista, la lotta di genere delle donne di qualsiasi classe contro l’uomo “oppressore”.

La legge 194 è diventato un feticcio e a questi gruppi interessa relativamente che le altre donne possano usufruire dell’IVG: si tratta piuttosto di ottenere qualche scampolo di visibilità, di riemergere per un po’ dal loro conformismo culturale e sociale, dal loro torpore e decadenza borghese…

Le loro riunioni sono più che altro dei raffinati salotti e le loro iniziative non sono forme di lotta dirette e incisive, ma “eventi” omologanti, massificanti e anestetizzanti: gruppi facebook, flash mob, conferenze con politici e operatori medici locali, Feste delle donne e via inebetendo … Insomma, una brodaglia alla Boldrini e alla Fabio Fazio, tossica e indigeribile…

E adesso, dopo aver violato tre dogmi ultraborghesi in una volta sola - quello femminista, quello della pseudo sinistra radical chic e quello del politically correct - attendiamo, come una medaglia al petto, la scomunica della loro chiesa e del loro clero, anche questo, come quello cattolico, in gonnella, ma di “genere” diverso…

LE.D.A.
LEga per la Depenalizzazione dell’Aborto



sabato 30 gennaio 2016

ALL’OSPEDALE CARLO URBANI DI JESI TUTTI OBBIETTORI E NIENTE ABORTI DA UN ANNO, MA NON SI DEVE SAPERE: PER LA DIREZIONE L’IVG C’E’ ANCORA...

Il 17 gennaio un servizio televisivo di “Presa Diretta” su Raitre (clicca qui o qui) ha mostrato all’Italia intera l’incredibile situazione dell’Ospedale Carlo Urbani di Jesi, dove per l’ennesima volta in pochi anni è impossibile effettuare l’IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza) a causa del 100 % di medici obiettori di coscienza. 

Quindi, pochi giorni fa, abbiamo deciso di inviare presso la struttura ospedaliera un nostro iscritto, per chiedere informazioni come semplice cittadino: sono emersi particolari ancora più inquietanti e incredibili. Ecco i dialoghi (C=Cittadino; I= Infermiera; O=Ostetrica; N.N.= iniziali nome e cognome):

Una ostetrica esce dal reparto Degenza di Ostetricia e Ginecologia e gli chiediamo:
C: “Scusi, il reparto di IVG è qui?
O: “No, non lo facciamo più.”
C: “Da quanto tempo?”
O: “Da un pezzo, da quando eravamo al Viale (della Vittoria, ndr), da un anno… Adesso si fanno le pratiche tutte al Distretto (Consultorio di Via Guerri, ndr)
C: “Quindi qual è l’alternativa?”
O: “Salesi (Ancona, ndr), Senigallia, Fabriano”
C: “Ma non c’è l’obbligo di garantire il servizio?”
O: “No, perché ci possono essere tutti obbiettori e quindi non viene fatta. Noi garantiamo solo l’interruzione per malformazioni, dopo le 12 settimane, quindi per patologie (ITG, ndr). Ma l’Interruzione Volontaria non si fa…”.
C: “Quindi a chi ci si può rivolgere?”
O: “Tutte le pratiche, come prima, vengono iniziate in Via Guerri, al Distretto Sanitario, poi dopo loro indirizzano dove si effettua l’aborto”.
Quindi la situazione è ancora più grave di quando riferito dal servizio televisivo di Raitre, in quanto l’IVG è impraticabile non da tre mesi, ma da oltre un anno, senza che nessuno ne sappia niente.

Dopo pochi minuti ci rechiamo presso l’Ufficio Relazioni con il Pubblico della struttura ospedaliera e chiediamo all’operatrice:
C: “L’IVG è garantita in questo ospedale?”
URP: “Dovrebbe esserlo, dovrebbe esserlo. Credo di sì.”
Quando esprimiamo qualche dubbio, l’operatrice prova a fare alcune telefonate per avere conferma, ma non trova nessuno. Quindi non solo nessuno sa che l’IGV non si pratica più da mesi (il che è incredibile per un Ufficio che esiste solo per dare queste informazioni) ma si è anche all’oscuro di un servizio televisivo della Rai in prima serata che ha denunciato questo serio disservizio.

Subito dopo ci rechiamo alla Direzione Amministrativa dove c’è la Dr.ssa N. F., a cui chiediamo:
C: “In questo ospedale è presente il servizio di IVG?”
N.F.: “Che io sappia, sì. Però è un aspetto sanitario che io non seguo. Comunque che io sappia, sì. Si pratica l’IVG”.
Non crediamo alle nostre orecchie e quindi decidiamo di bussare ancora più in alto.

Ci rechiamo presso l’ufficio di  “Segreteria della Direzione Medica Ospedaliera” dove c’è la Dr.ssa D. F. a cui chiediamo:
C: “E’ garantito in questo ospedale il servizio di IVG?”
DF: “Il servizio di IVG? Sì, non è interrotto. Sì, è funzionante. Perché me lo chiede?”
C: “Perché avevo sentito che non era garantito”
DF: “Che io sappia, si fa”
C: “Pensavo che per un servizio così importante ci fosse una risposta certa…”
DF: “Che io sappia si fa, ma posso sentire la dottoressa V. F. (Direttore medico, ndr)… Sarebbe un’interruzione di servizio grande e ne sarei stata informata… E’ un’interruzione di servizio grande, quindi c’è interesse che ci sia” (sic!).

Terza risposta fotocopia: tutte e tre negano e rovesciano la situazione reale.

E’ credibile che tre importanti uffici, di cui uno in ruolo di informazione al pubblico e due in ruoli dirigenziali, non siano a conoscenza del fatto che nella loro struttura ospedaliera da molti mesi non è garantita una prestazione sanitaria così delicata e importante, che oltretutto era stata al centro di aspre polemiche solo due anni prima?

E’ credibile che nessuno di loro abbia visto o sentito parlare del clamoroso servizio della Rai e che né famigliari, né amici, né colleghi abbiano riferito che una trasmissione in prima serata abbia denunciato questa grave interruzione di servizio nell’ospedale in cui lavorano con ruoli importanti?

Pensiamo che ognuno sia in grado di darsi una risposta e valutare di quanta considerazione godano i cittadini.

Quindi ci rechiamo al Consultorio per Ginecologia/Ostetricia del Distretto Sanitario di Via Guerri e chiediamo ad un’infermiera:
C: “L’IVG è funzionante a Jesi?”
I: “Eh, no. No. (molto sicura, ndr). Qui fanno le certificazioni, poi dopo mandano in un altro centro oppure a Senigallia…”

Poco dopo chiediamo ad un’infermiera della Segreteria che si occupa direttamente delle Certificazioni:
C: “L’IVG è attiva all’ospedale di Jesi?”
I: “No! Noi facciamo le Certificazioni, ma per la parte chirurgica si viene inviati ad un’altra struttura: Fabriano, Senigallia o addirittura all’AIED. Ad Ancona no, lì solo i residenti…”

Riassumendo: l’ostetrica che lavora nel reparto Degenza dell’ospedale e le altre due infermiere che lavorano nel Consultorio del Distretto Sanitario, hanno confermato che non si può praticare l’IVG al Carlo Urbani da molti mesi e per il ruolo che hanno non potevano che ammettere la realtà dei fatti.

Invece dagli altri tre soggetti interpellati, che hanno ruoli di informazione al pubblico o dirigenziali, abbiamo ricavato la netta impressione che in realtà tutti sappiano, ma che la consegna sia quella di non far trapelare la notizia tra i cittadini, aiutati in questo obbiettivo anche dal fatto che una donna non va a sbandierare in giro che è stata costretta a recarsi fuori Jesi per abortire, a causa del clima di condanna morale e ostracismo sociale di cui è spesso è fatta oggetto.

Ma una “riservatezza” del genere si riesce ad ottenere solo con la complicità e l’omertà diffusa tra la popolazione e soprattutto tra i vari protagonisti (tutti ormai assai screditati) della vita politica e sociale locale: media, associazioni, sindacati, partiti politici, giunta e sindaco.

Sorprende invece il silenzio del M5S jesino, della consigliera regionale Romina Pergolesi e della deputata Donatella Agostinelli, ambedue jesine, che avrebbero dovuto schierarsi anche dalla parte delle cittadine che intendono usufruire di una legge dello stato, ma che invece non hanno detto una parola su questa situazione inaccettabile e illegittima.

Al contrario, da un mese e anche in questi ultimi giorni, il M5S sta facendo interpellanze parlamentari, manifestazioni e comunicati stampa di protesta per la chiusura dei Punti Nascita nelle Marche e per la “difesa” della Vita: anche per il M5S i cittadini non sono proprio tutti uguali, specialmente quando si tratta di raccattare voti dai cattolici e ingraziarsi le curie vescovili…

Altrettanto scandaloso è il silenzio dei media locali, che evidentemente hanno indicazioni dall’alto di non occuparsi di questo imbarazzante caso o semplicemente si autocensurano per paura: a noi è bastato mandare un semplice cittadino a chiedere informazioni per mettere in luce un panorama inquietante, pensate che cosa potrebbe fare un giornalista, se lo volesse…